"Susy, la bambina della sagra"
"Un ricordo lontano nel tempo, oggi un nastro rosa trovato per terra me lo ha riportato in mente":
Era primavera, e la sagra stava per cominciare. I giostrai erano arrivati, portando con sé il profumo dello zucchero filato e il rombo dell’autoscontro. Ma quel giorno, in classe, arrivò Susy.
Aveva otto o nove anni, i capelli biondi a caschetto, ricci e voluminosi, come usciti da una pubblicità anni ’50. Il grembiule nero stretto in vita, diverso da quello delle bambine “nostre”, le calze bianche ricamate, le ballerine rosse, e una cartella rossa che sembrava troppo grande per le sue spalle.
La maestra - una donna eccezionale, che sapeva vedere oltre - la presentò con dolcezza. Susy si sedette accanto a Paola, e io, dal banco davanti a destra, la osservavo mentre guardava la lavagna.
Aveva gli occhi verde acqua, sognanti ma seri, il nasino all’insù, la bocca carnosa che sembrava imbronciata, ma quando sorrideva… sembrava che tutta la classe si illuminasse.
Scriveva con attenzione, la penna tra le dita, il quaderno aperto. Era lì per quindici giorni, ma sembrava voler restare per sempre. E prima di andarsene, disse a me, a Paola, a Giovanna:
“Non farò la giostraia. Voglio diventare insegnante.”
Non l’ho più rivista. Ma oggi, camminando per strada mentre sfogliavo un giornale, mi trovai un nastro rosa sotto i piedi e in quel momento, il suo nome è tornato: Susy.
E con lui, quella scena: lei, di tre quarti, attenta alla lezione, mentre la luce della finestra le accarezzava i ricci.
Dedica a Susy, la bambina della sagra:
Per te, che arrivavi con il vento di Pasqua, con i ricci biondi e il grembiule nero, con la cartella rossa e il sogno di diventare insegnante.
Per te, che sedevi accanto a Paola, che scrivevi con attenzione mentre la maestra spiegava, che sorridevi piano, mentre il mondo ti guardava senza capire.
Oggi forse sei nonna, forse insegni ancora, forse racconti ai tuoi nipoti di un bambino gentile che ti osservava dal banco accanto e che, dopo 55 anni, ti ha riportata alla luce con affetto.
Giampaolo Daccò Scaglione

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